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# 1

RED HEAT – 1° parte

 

di Carmelo Mobilia

 

C’era una volta un ragazzo di nome John Walker che sognava di diventare un grande eroe americano. Si sottopose persino ad un processo di potenziamento fisico pur di realizzare il suo sogno. La sua grande occasione avvenne quando il governo degli Stati Uniti scelse lui per sostituire il leggendario Capitan America e diventare il nuovo difensore del Sogno Americano. Il peso era grande anche per le sue ampie e robuste spalle, ma John non si fece scoraggiare dalle difficoltà e cercò di dare tutto se stesso per essere all’altezza. Ma una serie di drammatici eventi gli costarono la perdita della famiglia, degli amici e persino della salute mentale, oltre che dell’incarico. Ma il governo aveva investito troppo in quel ragazzo e volevano recuperarlo, ma per farlo John Walker doveva morire. Così simularono la mia morte, ripristinarono il mio equilibrio mentale con lunghe sedute psichiatriche e mi diedero un nuovo nome e una nuova identità. Oggi rispondo al nome di Jack Daniels e lavoro come agente della FBSA. Ma non è il solo compito che svolgo per il mio paese. Quando indosso il mio costume e  impugno il mio scudo mi faccio chiamare USAgent, il supereroe al servizio del governo, e difendo gli Stati Uniti d’America, cercando di tenerli al sicuro da ogni tipo di minaccia.

 

1.

Solntevo, Mosca.

Nelle prigioni russe la storia della tua vita ti viene scritta sulla pelle coi tatuaggi. “Senza tatuaggi, non sei nessuno” sostiene qualcuno. E’ per questo motivo che spesso gli incontri tra rappresentanti della malavita avvengono nelle saune:  lì, messi a nudo uno davanti all’altro, non si può mentire sulla propria identità, perché il tuo corpo parla per te. L’uomo che entrava nella stanza avrebbe comunque attirato l’attenzione anche se il suo corpo non fosse stato dipinto, per via dell’incredibile fisico che aveva: l’ampiezza delle spalle e del torace, gli addominali scolpiti e i bicipiti gonfi facevano l’invidia di ogni uomo e trasmettevano chiaramente una naturale propensione nel somministrare violenza. Si diresse verso l’uomo che gli era seduto di fronte, che aveva un asciugamano bianco in testa che gli nascondeva parzialmente il volto, facendo intravedere solo il pizzetto. Gli si sedette accanto e cominciò a parlargli, senza voltarsi dalla sua parte.

<Privet.Dicono che chi vuole lasciare il paese deve rivolgersi a te, che riesci a procurare i migliori documenti falsi.>

<E chi lo dice?>

<Mi manda Sergej Ivanovic. Lui mi ha fatto l tuo nome, Dimitri Aršavin. Dice che sei il migliore nel far fuggire le persone.>

<E perché vuoi lasciare la rodina, mal’chik?>

<I federali mi stanno addosso. Una vecchia storia che pensavo sepolta è stata invece riesumata. Devo sparire. >

<Mi dispiace, temo di non poterti aiutare.>

<Se è per il denaro non ti devi preoccupare, ho i contanti ...>

<Nyet, non è per quello.E’ che per principio io non lavoro con i bugiardi ...>

Attraversando il vapore che permeava nella stanza, tre grossi uomini si avvicinarono con aria minacciosa. Da sotto gli asciugamani che gli coprivano le impudenze estrassero da coltelli affilati.

<Vedi, hai sottovalutato la mia rete d’informatori, mal’chik. So che Sergej è stato preso dai federali  almeno due settimane fa e che sta facendo i nomi di tutti i suoi vecchi soci per pararsi il culo e avere una riduzione della pena.>

In breve l’uomo si trovò circondato dai tre scagnozzi armati. Dimitri gli si avvicinò e gli poggiò una mano sul petto. Quello che sembrava essere un tatuaggio era in realtà una sofisticata pellicola, che venne via con facilità.

<Ah, proprio come immaginavo... fasulli come te.>  portò le mani al volto e gli strappò via anche la barba finta.

<Merda ...> disse l’uomo la cui copertura era ormai saltata <Cambiamo approccio allora ...>

Tirò una gomitata all’uomo alle sue spalle, colpendo al volto e rompendogli il naso.

Schivò il tentativo di accoltellamento da parte di quello che gli stava di fronte, e poi lo abbattè con un potente calcio allo sterno.  Il terzo provò a pugnalarlo all’addome, ma gli bloccò il polso impedendo alla lama di avvicinarsi alla sua carne.

<No amico. Ho già sperimentato quello che si prova e non intendo rifarlo ...> poi gli torse il polso, facendogli cadere il coltello di mano e colpendolo alla mascella con un pugno. Si era sbarazzato di tre aggressori armati in pochi secondi e senza batter ciglio. Non è un uomo qualsiasi, pensò Dimitri Aršavin  mentre cercava  di fuggire dalla sauna, ma quell’uomo fu più rapido e lo raggiunse, costringendolo con le spalle al muro.

<Ora basta scherzare, Aršavin. So che sei stato tu ad aiutare Viktor Dolnovich a lasciare il paese. Dov’è?  Dov’è andato?> disse minaccioso.

 

Poco più tardi il generale Alexi Mikhailovitch Vazhin e alcuni agenti della FSB, i Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa, raggiunsero la sauna per arrestare Aršavin e i suoi uomini.

<Cosa non ha funzionato? Le credenziali che ti abbiamo dato? I tatuaggi erano sbagliati?>

<No generale, nulla di tutto questo. E’ che, non so come, era a conoscenza che avevamo arrestato Ivanovic e che ha accettato di collaborare con noi.> rispose il Guardiano d’Acciaio, che era tornato ad indossare il suo tradizionale costume dopo essersi staccato tutti i tatuaggi fasulli dal corpo.

<Diavolo. Vuoi dirmi che hanno una talpa tra i miei uomini?>

<Forse, non ne sono certo. Al momento abbiamo altro a cui pensare: Aršavin mi ha confessato dov’è che si è nascosto Dolnovich ...>

 

2.

 

Centerville, Iowa. Stati Uniti.

 

Il treno procedeva ad una velocità spaventosa. Era fuori controllo e non era possibile fermarlo, dato che avevano sparato al macchinista dopo aver evitato uno scambio. Lo scopo dei dirottatori era quello di far schiantare il treno contro la stazione di Centerville per scatenare un’epidemia; infatti il treno trasportava un carico di sostanze e rifiuti chimici altamente tossici e se fosse deragliato e si ci fosse stata una loro fuoriuscita, le conseguenze sarebbero state devastanti:l o sterminio di un'intera città. Fortunatamente le autorità erano state avvisate dai ferrovieri e i federali avevano l’uomo giusto per questa missione, un uomo tanto coraggioso da prendere seriamente in considerazione l’idea di salire a bordo di un treno merci in corsa mente procedeva a tutta velocità. Un uomo che, come troppo spesso fa il paese di cui con fierezza portava i colori, credeva nell’uso della forza bruta per la risoluzione di certi problemi, e che era convinto che il fine giustificasse i mezzi. Aggrappandosi grazie a degli speciali magneti, salì sul tetto della carrozza e procedeva carponi verso la motrice. I terroristi a bordo del treno però s’accorsero della sua presenza:

<ECCOLO LA’!> gridarono e salendo anch’essi sopra il convoglio, cercarono di sbarazzarsi dell’insolito passeggero sparandogli addosso. Ma non era la prima volta che USAgent aveva a che fare con uomini armati e sapeva come affrontarli: com’era sua consuetudine, alzò lo scudo per ripararsi dai proiettili, continuando ad avanzare nella loro direzione e non appena fu abbastanza vicino, fu lui ad attaccare loro.

<Buonasera, sono il controllore. Vediamo i biglietti?> disse sarcasticamente, poi col suddetto scudo disegnò un devastante arco che li privò dei loro fucili, disarmandoli, poi colpì uno di essi con un tremendo montante che lo fece precipitare giù. Il secondo gli si aggrappò al collo, cercando di strangolarlo, ma la sua forza non era sufficiente per avere la meglio su Agent; il supereroe se lo scrollò di dosso senza il minimo sforzo, lanciandolo giù dal treno in corsa.

<Meno due. Ne mancano dieci. > disse. Proseguì il suo cammino fino a arrivare ad un’altra carrozza. Sapeva che ad aspettarlo c’erano altri uomini. Piazzò una carica al plastico sul tetto e indietreggiò di qualche metro, proteggendosi dall’esplosione grazie ancora al suo indistruttibile scudo al vibranio. Poi si lanciò dentro alla breccia appena provocata, approfittando dell’effetto sorpresa. Con un calcio volante al mento stese il primo degli attentatori, mentre gli altri si preparavano al contrattacco.

<Sono un’intera squadra, tutti armati fino ai denti. Per mia fortuna, lo spazio ristretto del convoglio è a mio vantaggio: non riescono a prendere la mira e finiscono con spararsi addosso uno con l’altro. Il mio scudo mi protegge dai colpi ravvicinati. Mi abbatto su di loro come un tornado. Nessuno di questi idioti è alla mia altezza.>

Un poderoso gancio destro stese l’ultimo guerrigliero. Agent si fermò ad osservare i suoi avversari.

<Le loro uniformi non mi dicono nulla. Nere, completamente anonime. Nessuno stemma particolare che possa far capire la loro provenienza. Mi accorgo però che hanno tatuato sull’avambraccio una specie di serpe. Un disegno che non mi dice nulla. Dovrò approfondire la questione.>

Riprese ad avanzare tra i vagoni, e trovò alcuni ordigni esplosivi collegatiai barili di materiale tossico. Di guardia c’erano altri due uomini. Avevano i fucili a tracolla, ma non avrebbero mai sparato, per paura di colpire accidentalmente una delle bombe. Cercarono di aggredire Agent armati solo dei loro coltelli. Non bastavano. Le loro lame non potevano minimamente scalfire il metallo del suo scudo, e il supereroe era troppo per loro. Troppo forte, troppo veloce. Spezzò il braccio a quello più vicino, mentre contemporaneamente stendeva l’altro con un violento calcio al mento. Non c’era tempo disinnescare i detonatori, alla stazione non mancava molto tempo. Raggiunse il più velocemente possibile la cabina del conducente, dove c’erano gli ultimi due terroristi. Mandò in frantumi il finestrino con calcio a piedi giunti e penetrò nella sala di guida. Uno dei due riuscì a sparare dei colpi, ma questi non raggiunsero USAgent, perché si riparò con il corpo dell’altro guerrigliero. In un istante gli fu addosso, privandolo del suo fucile.

<Parli la mia lingua, feccia?>

<S-SI!>

<Meglio così. Ora senti bastardo: fa fermare questo treno o giuro su dio che ti farò vivere il resto della tua vita in un mondo di dolore. E per farti capire che non scherzo....>

<AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!> gli spezzò due dita della mano sinistra.

 

 

Un’ora dopo la stazione di Centerville brulicava di federali poliziotti e giornalisti. Questi ultimi cercavano di assediare il Vendicatore per cercare di carpirgli una battuta su quanto è avvenuto.  USAgent non amava questa parte del lavoro ma sapeva che era una cosa a cui non poteva sottrarsi. Cercava di rispondere in maniera più concisa ed esauriente possibile, cercando di minimizzare il rischio corso e tranquillizzare i cittadini all’ascolto sul fatto che il pericolo fosse passato. Una reporter però riuscì ad attirare la sua attenzione e a distoglierlo dal quel continuo ripetersi di risposte.

<Agent, tre dei terroristi sono morti, uno è in rianimazione e un altro ancora afferma di essere stato torturato. Non credi aver fatto un uso eccessivo della forza durante il tuo intervento?>

<Non credo alle mie orecchie > rispose lui incredulo  <Secondo lei avrei dovuto lasciare che il treno esplodesse, miss...?>

<Sheldon, Jessica Sheldon. Lei è un supereroe, USAgent, un Vendicatore. E’ nel vostro statuto limitare al minimo i danni collaterali alle persone e alla proprietà. E da quel che sono venuta a sapere sulle sue imprese, lei ha la fama di essere uno che non ama molto andare per il sottile. Mi sono documentata.>

<Lei è una liberale, scommetto. E’ tipico di voialtri: siete pronti a marciare per i diritti degli assassini e venite a dire a noi come fare il nostro lavoro. Mi stia a sentire signorina, io cerco di non ammazzare deliberatamente nessuno, d’accordo? Ma se devo scegliere tra salvare la vita di un fanatico terrorista e quella di civili americani ... compresi i democratici piagnucoloni come lei ... io non scelgo il terrorista, sono stato chiaro?>

 

 

3.

 

Los Angeles. Il giorno dopo.

Il nome riportato sul citofono, sulla porta dell’appartamento e sulle bollette era Jack Daniels, ma l’uomo biondo che usciva dalla doccia pensava a se stesso come John Walker, anche se ormai quasi nessuno si rivolgeva a lui con quel nome. Si contavano sulle dita di una mano infatti le persone che conoscevano la sua vera identità. Era il prezzo da pagare per la sua nuova vita.

<A volte mi sento come il protagonista di quel romanzo italiano di cui mi ha parlato Valerie ... com’è che si chiamava? Ah si: Il Fu Mattia Pascal.> pensava talvolta di se stesso e della sua nuova situazione. Parecchie persone sognano di potersi lasciare tutto alle spalle, di ricominciare una nuova vita dove nessuno ti conosce e poter ripartire da zero, ma in realtà non è così bello come sembra. Non avere più nessun punto di riferimento, nessuno con cui condividere le proprie esperienze , dover rinnegare perfino i propri ricordi non è una cosa con cui è facile convivere. John si sforzava ogni giorno di riuscire a farlo, cercando di non farsi sopraffare dalla solitudine e dalla nostalgia che gli attanagliavano il cuore.

Avvolto solo da un asciugamano bianco in vita andò nella sua camera da letto per vestirsi e accese la TV per un po’ di compagnia.

 

<<” ... se devo scegliere tra salvare la vita di un fanatico terrorista e quella di civili americani ... compresi i democratici piagnucoloni come lei ...  io non scelgo il terrorista, sono stato chiaro?”

Queste sono le parole rilasciate ieri da USAgent dopo aver sventato un attacco terroristico sul suolo americano. Ora, non sono in discussione i meriti che quest’uomo ha nell’avere salvato delle vite, ma lo sono i suoi metodi. Certo, tutti noi vogliamo dormire sonni tranquilli e siamo grati ai supereroi come USAgent che ce lo permettono, ma questo non da il diritto a loro di essere giudice, giuria e boia. Certo, molti di voi diranno che anche i poliziotti hanno le pistole, e che non le portano per bellezza. Ma infatti tutti noi ci ricordiamo che le azioni sconsiderate di alcuni poliziotti hanno portato ai fatti di Watts del 1965 e della rivolta di Los Angeles del 1992. Questi supereroi non possono comportarsi come i personaggi dei film di Sylvester Stallone o di Arnold Schwarzenegger. Io lo trovo eccessivo. Capitan America diceva sempre ...>>

 

<BAH! Vattene al diavolo!> disse John spegnendo il televisore.

<Cristo.  Qualunque cosa faccio, hanno sempre da ridire! Non gli va mai bene niente, e mi paragonano ripetutamente a Capitan America.... ma quando la finiranno? Lo ammetto anch’io che quell’uomo era un grande, ma non possono continuare a confrontarmi a lui all’infinito! Io ho i miei metodi, e non sono meno efficaci dei suoi!>

Sbuffava ed imprecava quando il suo cellulare squillò. Sperava fosse la sua fidanzata, Valerie Cooper, ma invece la chiamata veniva da qualcun altro:

<<Walker, mi dispiace disturbarti nel tuo giorno libero, specie dopo quanto hai fatto ieri, ma abbiamo un compito per te.>>

Era Lou Esposito, il suo capo all’FBSA. Uno di quelle pochissime persone che conosceva la sua doppia, anzi tripla, identità.

<Non preoccuparti. Di che si tratta?>

<<Non ho tempo di spiegarti per telefono. Ho mandato l’agente Coulson a prenderti, ti ragguaglierà in auto. Ah non è un lavoro per Jack Daniels, quindi metti lo scudo in valigia, ok?>>

<Afferrato. Sarò pronto in dieci minuti.>

 

Con la puntualità che lo contraddistingueva, l’agente Coulson si fece trovare davanti casa di John a bordo di un SUV Acura della Honda di color nero coi vetri oscurati. Phil Coulson era un agente dell’FBSA, non era a conoscenza delle vere origini di John Walker, ma sapeva che lui era in realtà USAgent. Il direttore Esposito glielo aveva affiancato affinchè  fornisse degli alibi ogni qualvolta  l’agente Daniels doveva allontanarsi a lungo per le missioni da supereroe. In pratica si inventava delle missioni speciali e gli forniva il supporto logistico per quelle vere. Non un gran lavoro per un agente addestrato, ma qualcuno doveva pur farlo.

<Salve Daniels. Sali a bordo.>

John Walker, anzi ,“Jack Daniels”  non si fece pregare e saltò agilmente dentro. Storse la bocca  e disse:

<Ciao Coulson. Dovevi proprio scegliere un veicolo giapponese? Ci sono ottimi SUV americani  non lo sai? Dovremmo sostenere l’industria nazionale in questo momento.>

Coulson non rispose. Da quando era arrivato a Los Angeles [1]aveva imparato a sopportare certe uscite del suo compagno di lavoro. Certe volte sembrava avere dei problemi a rendersi conto che Ronald Reagan non era più presidente d un pezzo, ma era un tipo leale e si poteva contare su di lui al 100%

<Allora, di che si tratta?> chiese John tenendosi il colletto. Non c’era proprio  nulla da fare: la cravatta proprio non riusciva a sopportarla.

<C’è stata un’evasione in Russia, qualche giorno fa. Pare che sia scappato un pericoloso criminale che era stato arrestato proprio in occasione di un mancato attacco terrorista verso gli Stati Uniti. I nostri amici russi sono certi che si sia rifugiato proprio qui a L.A. Hanno mandato uno dei loro a riprenderselo...>

<E io devo scortarlo, dico bene?>

<Esattamente.>

“Jack” non era contento. Fare da balia  ad uno sbirro russo in trasferta  non era esattamente un compito per uno come lui.

<Perché proprio io?> chiese <Perché USAgent e non la polizia locale o l’FBI?>

<Perché non è esattamente un poliziotto normale… vedrai.>

Il sorriso sornione  di Coulson non prometteva nulla di buono. 

 

Negli uffici della F.B.S.A.  USAgent, che nel frattempo si era cambiato, scoprì l’identità dell’uomo che doveva scortare; era qualcuno che conosceva bene, avendoci lavorato insieme durante la guerra coi marziani [2].

Poteva aver cambiato costume da allora, ma anche se non l’avesse incontrato di recente [3]  Agent non avrebbe potuto sbagliare: quella era l’inconfondibile uniforme del Guardiano Rosso,cui avevano aggiunto delle bande bianche e blu prese dalla bandiera russa, anche se, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, aveva assunto il nome di  Guardiano D’Acciaio. Ad accompagnarlo c’era il console russo.

<Benarrivato, USAgent. Aspettavamo te per cominciare il briefing. Inutile presentarti il nostro ospite, so che avete svolto alcune missioni insieme.>

<Si è così infatti. Salve, Guardiano.>

<USAgent ...> salutò l’altro stringendogli la mano.

<Allora, l’agente Coulson mi diceva che avete delle mele marce che si sono intrufolate nel nostro orto, giusto?>

<Colloquiale ma preciso, USAgent> rispose il console <In questo fascicolo troverà maggiori dettagli su quelle che ha definito “mele marce”. La prima foto ritrae il sergente Viktor Dolnovich, un ex spetnaz. Qualche mese fa, a capo di un commando di mercenari, ha assaltato un laboratorio in Siberia. Si è trattato di un’operazione sovversiva intenta a far cadere il nostro governo, ma gli agenti dello S.H.I.E.L.D. lo hanno fermato [4]. Dolnovich era solo il braccio però. La mente che ha organizzato l’intera operazione era quella del generale Nikolai Alexandrovich Zakharov. >

<Che è il ciccione in uniforme in quest’altra foto?> chiese Agent.

<Proprio lui. Il generale era, per usare un eufemismo, un nostalgico della guerra fredda. Il suo folle piano eraquello di scatenare un nuovo conflitto tra i nostri due paesi. Inutile dirvi che le sue azioni non hanno nulla a che fare con il nostro governo. >

“Avete capito la lezione, spero. “ si limitò a pensare Agent tra se e se.

<Ora, sapevamo che il generale si fosse rifugiato nel vostro paese, ma di recente siamo stati informati dal colonnello Brevlov della divisione russa dello S.H.I.E.L.D. che Zakharov è stato assassinato con due colpi di arma da fuoco al petto, non sappiamo da chi. Sospettiamo dalla mala russa. La notizia però non è di dominio pubblico, dunque speriamo che Dolnovich sia ancora alla ricerca del suo mentore.>

<Ma perché qui a L.A.?  Se davvero questo Dolnovich è in contatto con la mafia russa, credo che New York sia il primo posto dove iniziare a cercare.>

<Posso risponderti io, Agent.> prese la parola il Guardiano d’Acciaio <Ho interrogato personalmente l’uomo che ha aiutato Dolnovich ad espatriare, e mi ha garantito che ha chiesto esplicitamente di essere portato proprio qui in California. Dobbiamo presumere che sia l’ultimo domicilio conosciuto di Zakharov. Viktor avrebbe dovuto incontrarlo qui.>

<Capisco. Allora non ci resta che metterci al lavoro e cercare di stanare questo Dolnovich.>

 

 

4.

 

Attraversare le strade di Los Angeles in cerca di criminali non può non far pensare a tutti i numerosi film hollywoodiani girati da queste parti: pensate ad Arma Letale per esempio. O Pulp Fiction, Chinatown, Training Day ... sebbene nella sua carriera come supereroe il Guardiano Rosso avesse visto parecchie cose strane (inclusi orsi parlanti, androidi e semidei) trovarsi in quei luoghi così famosi in un certo senso lo emozionava, per quanto non lo desse a vedere. Con i costumi coperti da lunghi impermeabili e con gli occhiali da sole, i due supereroi nazionalistici giravano in auto alla ricerca di indizi.

<Non attireremo troppo l’attenzione, conciati in questo modo?> chiese il russo.

<Perché volevi andare in giro in costume? L.A. è abituata a gente molto più stramba, vedrai che nessuno farà caso a noi due...>

<Sai Agent, sono contento di aver occasione di parlarti. L’ultima volta che ci siamo visti non ne abbiamo avuto l’occasione ... >

<Ah si? E di cosa volevi parlarmi?>

<Beh ... lo sai. Quella faccenda della guerra ai marziani. Io ero con e te a bordo di quella navicella, quando abbiamo fatto esplodere la bomba dal Betatrone. Ecco vedi...  a volte ci ripenso e... non ne posso parlare con nessun altro, perché nessun altro capirebbe ... insomma, abbiamo praticamente distrutto tutta la vita su Marte. Certo, mi son detto milioni di volte che era il metodo più sicuro per evitare altre vittime sulla Terra ma ... non posso fare a meno di chiedermi se su Marte ci fossero anche degli innocenti che ...>

<Oh falla finita ok? Non mi servi anche tu che mi butti ‘sta croce addosso. Cosa credi, di essere l’unico ad essersi fatto certe domande?>

<No, ma infatti è proprio per questo che te ne parlo ...>

<Beh ecco come la penso io: non siamo stati noi ad attaccarli per primi, a mandare quegli enormi tripodi a devastare le loro città. E stando a quanto scritto da Wells, non era nemmeno la prima volta che tentavano una cosa del genere. Se la dovevano aspettare una cazzo di reazione. Sarebbero tornati prima o poi, e questo lo sai anche tu. L’America non se ne sta a porgere l’altra guancia quando l’attaccano. I giapponesi sanno bene cosa succede quando si pestano i piedi allo zio Sam!>

<Già... voi avete avuto già l’esperienza di Hiroshima ...>

<Vedi di piantarla con questa lagna, Rosso.  I tuoi compagni erano pronti a far la stessa cosa contro di noi durante la guerra fredda. I missili a Cuba per cosa li avevate messi, secondo te?>

<Siamo due prodotti da Guerra Fredda, USAgent, lo so bene. E so quanto la mia gente e la tua si sono odiati. La guerra coi marziani ci ha dato un nemico in comune da odiare, solo che ... non lo so, forse hai ragione tu: in guerra non dovremmo farci troppe domande...>

Eppure, anche USAgent s’era interrogato a lungo su quella questione.  Non andava fiero di quello che aveva fatto, e nei giorni seguenti alla fine del conflitto coi marziani, per molto tempo non era riuscito a dormire.

Ma questo non poteva certo rivelarglielo: sebbene oggi fossero alleati, per quasi mezzo secolo aveva pensato a lui e ai suoi connazionali come rivali, e lui sapeva bene che non bisognava mai mostrarsi deboli davanti ai propri nemici.

Si limitò a dirgli quanto ripeteva a se stesso dopo quel giorno:

<Abbiamo salvato delle vite. Non solo quelle degli americani o dei russi, ma di tutta la terra. Questo ti deve bastare.>

<Si.... si, forse hai ragione tu ....>

<Ecco, siamo arrivati.> disse poi, tornando alla realtà.

<Questo è il posto?>

<Esattamente. Non lasciarti ingannare dalle apparenze: se  qualcuno che sa dove possiamo trovare questo Dolnovich è qui dentro che si nasconde ...>

 

La principale base della mafia russa negli Stati Uniti è a Brighton Beach a Brooklyn, ma se pensate che non abbia delle sedi anche in California vi sbagliate di grosso. Questa officina a Chino, per esempio, serviva da copertura per il traffico di armi e droga dalla banda di Konstantin Nikonov, uno dei maggiori capimafia russi della costa Ovest. Grazie alle informazioni che USAgent aveva ricevuto dal Guardiano d’Acciaio, era riuscito a rintracciarlo. Parcheggiarono il SUV proprio davanti al capannone, scesero dall’auto ed entrarono. Immediatamente tutti i meccanici al suo interno li fissarono male, squadrandoli da capo a piedi: quegli impermeabili e quegli occhiali da sole erano sospetti ... quantomeno  fuori luogo, dato il clima caldo di quella stagione.

<Fa parlare me, ok? disse USAgent al collega.

<Non sono un dilettante, Agent. Quei criminali sono miei connazionali. So come trattare con quelli della mala russa...>

<Ma qui siamo in America, le cose sono diverse che da voi. Non fare nulla finchè non lo dico io, ci siamo capiti?>

<Ma prego, prima il padrone di casa ...> disse l’altro in modo polemico, storcendo il naso.

<Salve. Che vi serve?> li accolse uno degli operai, con un tono poco amichevole.

Walker mostrò il tesserino.

<Agenti federali. Vogliamo parlare col principale.>

Il tizio cambiò espressione, mantenendo però un’aria schifata.

<Posso sapere per cosa?>

<Dobbiamo fare solo alcune domande, non ti scaldare ... allora?>

<Venite, è al piano di sotto ...>

I due supereroi in incognito attraversarono il salone sotto gli sguardi gelidi degli altri meccanici. Quello che aveva parlato per primo faceva strada. Li portò in un seminterrato umido. Vi era solo una lampadina che sfarfallava ad illuminarlo. Fecero pochi passi quando all’improvviso la luce saltò del tutto. In mezzo all’oscurità si udì il rumore di alcuni caricatori e un ringhiare di cani rabbiosi. Le luci d’emergenza si attivarono permettendo nuovamente la visibilità. I due si trovarono circondati da un gruppo di scagnozzi armati di armi semiautomatiche. Uno di loro teneva a guinzaglio due grossi rottweiller che abbaiavano rumorosamente.

Era evidente che avevano fatto centro. Rimaneva da vedere se sarebbero usciti vivi per potersene bearne .

<Eh già ... le cose sono diversi qui da voi... > disse il Guardiano sarcasticamente.

<Umorismo russo... che stronzata....> rispose USAgent.

 

 

Continua.....

 

 

Le Note

 

 

Capitan America è uno dei supereroi più famosi e apprezzati del mondo, ma a prima vista può sembrare un personaggio “scomodo” e “antipatico”: con quel nome e quel costume, ad una prima occhiata superficiale può sembrare un personaggio di stampo nazionalistico, un repubblicano duro & puro pronto a sostenere sempre e comunque gli Stati Uniti, insomma uno da”USA = buono, Resto del mondo = No Buono”. Sebbene nel 1940 sia stato inventato proprio per questo, dal 1964, quanto Stan Lee lo recuperò assunse ben altro ruolo:  Cap infatti rappresenta l’America come ideale e difende il Sogno Americano, il diritto di ogni uomo a cercare la propria felicità, e spesso è andato contro il suo stesso governo quando questi calpestava i diritti civili, denunciando spesso la corruzione e le ingiustizie sociali. Un eroe del popolo dalla parte del popolo, dunque.

 

Tutt’altro discorso avviene quando parliamo di USAgent: creato da Mark Gruenwald , Paul Neary e Kieron Dwyer nel 1986, nel pieno della presidenza Reagan, figlio di quella mentalità reazionaria e machista che da lì a poco farà la fortuna dei vari Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger,è stato inventato proprio per rappresentare il lato più aggressivo dell’America. Fin dalla sua prima apparizione, infatti, John Walker era caratterizzato da un approccio e da metodi decisamente più “di destra” rispetto al Capitano, a partire dal suo aspetto fisico, che richiamava esplicitamente quello di Ivan Drago, il personaggio del film ROCKY IV interpretato dall’attore Dolph Lundgren, reso celebre dalla frase “Ti spiezzo in due” che in poche parole ne delineava alla perfezione il carattere e la personalità.  Gruenwald fece una mossa azzardata per quegli anni sostituendo, per quasi un anno, nel ruolo di Capitan America il moderato e modesto Steve Rogers con il più aggressivo John Walker. Non fece però l’errore di dipingere quest’ultimo come un personaggio prettamente negativo: ne descrisse perfettamente tutti i dubbi e le buone intenzioni, facendone un vero e proprio co-protagonista. Per quanto diametralmente opposto al mio supereroe preferito, dunque, mi affezionai parecchio a John: lo trovavo uno dei personaggi più umani e realistici della Marvel.  Un personaggio irritante ed irritabile , ma che nasconde dietro la sua aggressività un animo ferito , una persona che voleva solo fare del bene per il suo paese e a cui è crollato il mondo addosso.

 

Per questo motivo ho deciso  di scrivere una serie dedicata a lui. Pensateci: John Walker voleva assolutamente diventare un grande eroe e ha realizzato questo suo sogno, ma a che prezzo? Gli è costato la famiglia, gli amici ... persino la sua identità.  E’ un uomo solo, che ha perso tutto, a cui è rimasta solo la fede nel proprio paese. Ma cosa succede se anche questa viene meno?  E’ quanto scoprirete se seguirete questa serie.

Se avete letto altri miei lavori qui su MarvelIT, sapete che mi piace usare per le mie storie titoli di film famosi (perché inventarsene uno quando ne esiste già uno che si adatta benissimo alla mia storia? J  ) e sarà così anche per questa serie anche se, essendo dedicata all’eroe più americano che ci sia, utilizzerò quando possibile i titoli in lingua originale. Per questo primo episodio ho scelto Red Heat, dal film di Water Hill da noi noto come Danko, in cui un poliziotto sovietico e uno americano si alleano per dar la caccia ad un pericoloso criminale.  Essendo il Guardiano Rosso (va bene, d’Acciao, non badiamo a queste sottigliezze) il co-protagonista di questa storia, l’ho trovata adatto.

 

1 =Dopo gli eventi narrati in Capitan America MIT 46/49

 

2= Sulla miniserie MarvelIT “La Guerra dei Mondi”, USAgent e il Guardiano D’Acciaio – per ordine dei loro governi – sganciarono su Marte la “bomba al Betatrone” che sterminò alla vita su Marte mettendo fine alla guerra coi Marziani.

 

3= Nella saga “Questo male indistruttibile” sui num. 80 dei Vendicatori Mit.

 

4= Su Steve Rogers: Supersoldier MiT # 2 abbiamo visto come l’ex Capitan America ha fermato Dolnovich.